Avete mai sentito parlare di Nicola Turrini? La nostra intervista.
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Nicola Turrini, l’uomo italiano dei ponti: da Modena a Kigali (passando per Madrid, Managua, Sucre, Panama City, Edimburgo…) per aprire opportunità, favorire occasioni di crescita e costruire ponti
In Ruanda è diventato “famoso” come l’uomo dei ponti. Nicola Turrini, laurea magistrale in Ingegneria Strutturale (UNIMORE) come bridge engineer, è un giovanissimo ingegnere strutturale italiano che ha deciso di non accontentarsi della comodità di uno studio da ingegnere in Italia, ma ha scelto di mettersi in gioco con un’esperienza che noi di GoPillar sentiamo vicina al nostro modo (ambizioso) di intendere la professione.
Nicola Turrini, i giornali titolano il “signore dei ponti”, quanto ti fa piacere questa definizione?
“I titoli dei giornali locali sono arrivati veramente inaspettati, ma mi sono piaciuti molto (“uomo dei ponti”, “Ingegnere dei sogni”). Hanno veicolato molto bene l’idea di base dietro alla voglia di condividere la mia esperienza professionale e di vita: far sapere ad altri studenti o ingegneri che puoi dirigere la tua vita esattamente dove vuoi, se lo vuoi davvero (ancor di più con una laurea in ingegneria). Io sono riuscito a trovare il mio modo di applicare 5 anni di ingegneria nella maniera più soddisfacente per me, cercando di cambiare radicalmente la vita delle persone servite dai ponti di Bridges to Prosperity, la ONG per cui lavoro“.
Nicola Turrini, qual è stata la tua prima esperienza professionale? Ricordi ancora il primo lavoro che hai eseguito? Qual è il primo ponte progettato?
“La prima vera esperienza professionale è arrivata nel 2013 a Madrid, durante i 6 mesi di Erasmus Placement lavorando in un’impresa di progettazione (FHECOR Ingenieros Constructores) dove poi ho lavorato come ingegnere di progetto per 2 anni e mezzo. Il primo grande lavoro eseguito ha riguardato la modellazione e l’analisi sismica (tramite push over) di un edificio costruito con un preciso sistema di pannelli prefabbricati in Colombia, concentrando l’attenzione nella modellazione e nel comportamento dei giunti verticali tra pannelli. Questo è lo stesso progetto utilizzato per la tesi di laurea magistrale nel 2014.
Il primo ponte su cui ho messo mano è stato il Viadotto Imperia, tratta S. Lorenzo al Mare – Andora (ponte ferroviario), lavorando sulla modellazione dei differenti tratti del viadotto per lo studio delle varie prove di carico“.
Perché ti sei appassionato a questa professione?
“Il primo passo è stato seguire le orme di mio padre, anche lui un ingegnere civile. Poi la passione è arrivata poco a poco durante gli studi e i primi anni di lavoro, dove mi sono effettivamente accorto di aver scelto un lavoro che mi piace“.
Come sei arrivato in Ruanda? Come hai avuto questo incarico?
“Il percorso per arrivare in Ruanda è cominciato alla fine del 2016, quando ho lasciato il mio lavoro a Madrid e ho deciso di inoltrare la domanda per una posizione di volontariato in Nicaragua (9 mesi, iniziati in Gennaio 2017) con la ONG Americana Bridges to Prosperity.
Ho avuto la fortuna di essere assunto come design engineer alla fine dei 9 mesi, iniziando a collaborare alla progettazione di ponti in 5 diverse Nazioni (Nicaragua, Panama, Bolivia, Ruanda e Uganda) da Glasgow, dove ho voluto trasferirmi per motivi personali. Nel giugno 2018 mi è stato proposto il lavoro in Ruanda come engineering manager, possibilità legata al necessario ampliamento del nostro team a Kigali che abbiamo dovuto far ingrandire da 20 a più di 40 impiegati (di cui solo 5 sono expats) per essere capaci di costruire 350 ponti in 5 anni, obiettivo dichiarato in un contratto firmato con il governo centrale. Dall’Agosto 2018 vivo a Kigali senza fretta di andarmene“.
Quali sono state le sfide professionali più difficili che hai dovuto affrontare nel corso di questo progetto?
“In questi due anni e mezzo con Bridge to Prosperity, la sfida professionale più grande è stata adattarmi 3 volte a un cambio di lavoro (volontario, ingegnere di progetto, manager di ingegneria) assieme ad un cambio culturale (Nicaragua, Scozia, Ruanda). Ogni volta è veramente difficile abituarsi alle nuove sfide completamente diverse dalle passate e per un piccolo periodo di tempo ti sembra di non potercela fare. Ho dovuto imparare sulla mia pelle che basta avere pazienza e lavorare sodo, e tutto si sistema magicamente ogni volta“.
Come sono i rapporti con i professionisti, progettisti ed operai locali?
“I rapporti con gli ingegneri e i lavoratori locali che fanno parte del nostro team di costruzione sono ottimi. Tutti i miei colleghi ruandesi hanno un grande cuore e mi hanno fatto sentire a casa dal primo giorno. In più, sono infaticabili lavoratori e ottimi professionisti con un’incredibile voglia di imparare“.
Quali competenze consiglieresti di migliorare ad un giovane professionista che volesse fare un percorso simile al tuo? O ad un collega che volesse lavorare all’estero?
“Il grande passo per costruire una carriera internazionale è uscire dalla tua zona di comfort e provarci. La mia occasione è arrivata con l’erasmus a Madrid e mi ha condotto direttamente al secondo grande passo che è quello di imparare lingue straniere (inglese e spagnolo). Ci vuole molta dedizione e duro lavoro per raggiungere un livello professionale in una lingua diversa dalla tua. L’ultimo consiglio è di aprire la tua mente a nuove culture e a nuovi punti di vista. Un lavoro come il mio non è fattibile senza l’abilità di abituarsi ad ambienti culturali completamente diversi dal tuo, dove la capacità di adattarsi è direttamente correlata all’efficienza lavorativa“.
Una domanda forse banale e molto retorica. Cosa rappresenta per te un ponte?
“Per me, e per la nostra organizzazione in generale, un ponte significa opportunità. L’opportunità di scegliere cosa fare della tua vita una volta che non sei più isolato dal resto del mondo. L’opportunità di scegliere di mandare i tuoi figli a scuola tutti i giorni senza temere per la loro vita, l’opportunità di andare dal dottore ogni volta che è necessario, l’opportunità di commerciare e di migliorare il livello di vita della tua famiglia senza essere condizionato dalla pioggia“.